TAKE A WALK ON THE WILD SIDE … OF MONT BLANC
Gira che ti rigira, è stata lunga ma ce l’abbiamo fatta. Quest’anno trovare un buco di tempo e di bel tempo con Andrea è stata un’impresa, ma è valsa la pena di aspettare: quest’uscita ce la ricorderemo a lungo per tanti motivi.
A fine settembre non è scontato trovare itinerari di alta montagna e di misto in buone condizioni. Ma la voglia di Andrea di salire in alto era tanta (e anche la mia!!!). Da agosto dell’anno scorso non è salito in quota e una delle prime cose che mi ha detto al telefono è proprio stata:
“l’alta montagna mi manca un pò”. L’ultima volta in zona avevamo preso una cantonata tentando di andare alla via Boccalatte-Gervasutti al Pic Gugliermina per via della terminale insuperabile. Dopo una buona ora di tentativi a destra e sinistra ripiegammo sulla cresta SE della Punta Innominata. L’anno prima, tentammo di salire al Pilastro Rosso ma il troppo caldo e il pericolo di crollo dei ponti di neve ci fece desistere durante l’avvicinamento. Questa parete S del Monte Bianco è stata davvero agognata. Ma chi la dura la vince.
Settimana scorsa era l’ultima occasione che avremmo avuto per far qualcosa insieme prima dell’inverno, a breve purtroppo dovrò operarmi ad un polso e sarò fuori dai giochi per qualche mese. La meteo è stata in forse fino all’ultimo con abbondanti nevicate fino ai giorni precedenti l’ipotetica partenza. Da quando è poi spuntato il Sole ho passato tutti i giorni a osservare l’evoluzione delle condizioni tra webcam e binocolo per poter fare la scelta giusta, andare a colpo “sicuro”. Ma “sicuro” è morto… come si dice. “Andrea, tu porta tutto in macchina, comprese le scarpette” che l’ultima parola l’avremmo avuta solo la mattina stessa guardando ancora una volta con il binocolo dal parcheggio. Il dubbio era se sull’Innominata vi fosse ancora troppa neve fresca o se il Pilastro Rosso fosse già asciutto o meno. Un ultimo sguardo e via: si parte per la parete S del Monte Bianco, direzione Eccles.
Andrea abita lontano e non possiamo partire troppo presto, quindi… fa un caldo atroce! Santo Mauro dal Monzino ha lasciato delle lattine di Fanta nell’invernale con le quali ci dissetiamo temporaneamente, e proseguiamo. La nuova neve ha coperto le tracce ormai vecchie di un paio di settimane ma ha risistemato la prima parte del ghiacciaio che altrimenti sarebbe stata in ghiaccio vivo. Una porzione del pendio rimane ancora all’ombra e ci lascia respirare. Ma una volta arrivati sul primo ripiano non ce n’è per nessuno: Riccione al 15 di agosto! In realtà è forse più il riverbero della temperatura effettiva perché intorno a noi non si muove nulla, e i ponti di neve sono stabili. Sta di fatto che dopo aver ridisegnato la traccia nel labirinto di crepacci, impieghiamo più di 2 h per fare gli ultimi 300m di dislivello per via del calore e della probabile insolazione che ci siamo presi entrambi! Gli ultimi metri vediamo il bivacco come fosse un miraggio di oasi nel deserto che ad ogni passo sembra più lontana ah ah ah!
Finalmente ombra, cibo e acqua! Ci spiaggiamo sui lettini e ci riposiamo qualche ora. Non ci sembra vero di essere a Eccles da soli. L’ultima persona che abbiamo visto era alle 6:30 la signora del Bar di Courma che ci ha servito il caffé e fino al giorno successivo in vetta al Bianco non avremmo più visto nessuno. Solitamente salire ad Eccles è una lotta a chi arriva prima a prendere i posti per dormire, una vera battaglia per la sopravvivenza. Infatti… non mi ero mai fermato a dormire lì prima di quel momento. Quella solitudine è stata davvero la ciliegina sulla torna della salita.
Nel pomeriggio scendiamo al bivacco vecchio per vedere l’accesso al ghiacciaio per l’indomani, non sembra male, con una doppia si raggiunge il ghiacciaio, e i crepacci sembrano superabili agevolmente. Rientriamo alla base e mangiamo a volontà. Non nascondo di esser stato un pò preoccupato per il giorno successivo visto come siamo stati male salendo il primo giorno. Ma la notte porta consiglio e il mattino sembriamo essere in forma entrambi. Partenza ore 5:10, ma alla fine decido di calarmi direttamente dal bivacco nuovo per esser più veloci.
Come dicevo la neve nuova sui pendii sembra aver già spurgato e risistemato le tracce di ghiaccio vivo, la parte rocciosa della via sembra asciutta, l’unica cosa che mi preoccupa sono i 150m di sperone finali e la cresta del Brouillard a uscire in vetta: quella zona potrebbe effettivamente essere ancora piena di neve nuova che ci potrebbe dare il colpo di grazia sulla fatica in uscita. Staremo a vedere.
Arrivati al col Eccles la cresta si fa affilata ed è tutta da tracciare: lato NE polvere, lato SW portante ma conrniciata. Alla fine si passa via bene con un pò di attenzione e così anche la seconda lama. Per fortuna non fa freddo e sulla roccia si scala bene. Le prime luci ci lambiscono in uscita dal diedro di 5+…sempre bello faticoso. ATTENZIONE: la corda fissa presente sul diedro è al limite del tranciamento per via dello sfregamento, ce ne si accorge solo in uscita. Purtroppo non avevo un cordone abbastanza lungo per sostituirlo: ricordatelo per l’anno prossimo 🙂
La salita procede benone, la roccia è asciutta e pulita, la cresta affilata che porta al canale mediano non dà problemi. Ed eccoci qui dove bisogna traversare il famigerato couloir: le condizioni sono perfette, ma il Sole comincia a scaldare e dobbiamo essere rapidi. Ho avuto un attimo di dubbio su quale fosse la rampa giusta per raggiungere lo sperone di sinistra (era qualche anno che non la percorrevo) ma poi la logica la fa da padrona e in un attimo siamo dall’altra parte. Bene da una parte, dall’altra vedi quanto ancora ti rimane da salire e ti spaventi! Sorprendentemente lo sperone finale si mostra in ottime condizioni di neve, ha già trasformato tutto e sì bisogna tracciare, ma la neve porta abbastanza bene, aleeee! Anche una volta sbucati sulla cresta del Brouillard le buone notizie non mancano: quel che 20 gg prima era in ghiaccio vivo (uscivo dalla cresta di Peuterey) ora era neve portante.
In un attimo siamo in vetta dove nello stesso attimo passiamo dall’estate all’inverno: Andrea è partito solo con l’intimo manica lunga dal rifugio ed è arrivato in cima vestito uguale… arrivati in vetta, messo piede sul versante N sembrava davvero un’altra stagione, nell’arco di 5 m! E vai di piumino!
Puntiamo a prendere l’ultimo trenino dal Nid d’Aigle, sono le 12 e dobbiamo sbrigarci. Credo che durante la discesa molti colleghi mi abbiano invidiato vedendomi letteralmente correre giù dalla normale con un cliente 🙂
Giù dall’Aiguille du Gouter le recenti nevicate non si erano ancora sciolte e siam dovuti scendere ramponi ai piedi. Ma poco male, alle 15:15 eravamo al Nid d’Aigle a prendere il penultimo treno. Non potevamo certo mancarlo dato che per una serie di combinazioni avevamo anche chi ci veniva a prendere a Le Fayet per rientrare in Italia e portarci a recuperare la macchina: GRAZIE ILARIA!
Che dire, una salita di fine stagione lavorativa assolutamente da ricordare, quelle giornate perfette dove tutto fila liscio con anche l’extra bonus della totale solitudine sul versante. Grande Andrea, sempre un compagno di viaggio eccezionale… anche se mi fai sempre una grande invidia: io col cavolo che andavo all’Innominata dopo 1 anno che non salivo in quota!!!