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Pizzo d'Uccello - via Oppio Colnaghi del 1940 - Enrico Bonino

Pizzo d’Uccello – via Oppio Colnaghi del 1940

24 Giugno 2021

Credo che certe vie debbano essere percorse a priori, belle o brutte che siano. Fanno parte della cultura alpinistica, ci fanno essere più consapevoli di ciò che è stato e di ciò che è ora l’alpinismo. Immaginarmi su per di là nel ’40 con scarponi in cuoio e a malapena un imbrago…ecco non mi ci immagino proprio. Eppure negli ultimi anni ho fatto salite molto più impegnative, aperto itinerari un pò ovunque nel nord ovest. Ma credo sia importante confrontarsi con itinerari storici e classici d’ogni zona per ritrovare la giusta dimensione e fare esperienza. 

La via Oppio Colnaghi al Pizzo d’Uccello non è certo il test-piece dell’alpinismo moderno: non ha difficoltà eccessive, non si erge sopra un ghiacciaio, non ha un avvicinamento himalayano, se tutto va bene per merenda sei alla macchina. Ma rimane una grande parete di cui avere timore e rispetto: ci sono rischi oggettivi, è lunga, complessa, non ci si può ritirare, la roccia non è il granito della Val di Mello! Ci sono grandi contrasti su questa via perché si sale molto in alto, ma vi è poca esposizione per via dei camini profondi in cui ci si infila; si sentono gli uccellini cinguettare, ma magari ti tirano un sasso in testa; la vista sulla media montagna è verdeggiante e quieta, ma se accumula e prendi il temporale in parete puoi farti il segno della croce! Insomma un bel mix di emozioni e aspetti diversi della scalata. Nonostante la bassa quota l’ingaggio c’è, nulla da invidiare alle Dolomiti se non la roccia bella 🙂 

Fare una relazione dettagliata di questa via lo trovo abbastanza inutile. Su internet se ne trovano di tutti i tipi, e data la complessità della via, se segui i minimi dettagli è quasi certo che ti perdi o perdi tempo. Credo sia più importante avere un buon disegno generale della linea, che allego o che si trova sul web; è certamente utile andare il giorno prima fino alla forcella Siggioli (30 min dal rifugio Dongani) a studiare la parete e avere pochi utili dettagli della via. 

REGOLE DA SEGUIRE:

  • non contare il numero dei tiri;
  • non fermarsi a sostare ogni qual volta si trovano 2 chiodi vicini;
  • seguire tendenzialmente i camini (sono pochissimi i tratti in cui si esce all’esterno);
  • ribattere i chiodi di sosta;
  • portare scarpette comode;
  • portare casco di ghisa;
  • usare più l’intuito della relazione

MATERIALE:

  • 1 corda singola da 50m;
  • 1 serie di friends dallo 0.3 al 3 BD;
  • cordini da abbandono;
  • martello;
  • 10 rinvii allungabili;
  • fettucce e cordini vari;
  • t-bloc o ropeman;

NOTE UTILI:

L’attacco si trova facilmente (1h30 dal rifugio Donegani). Dal tetto a forma di freccia (o triangolo, evidente) risalire bordo parete per 100m circa. Anche da lontano si intuisce la linea di debolezza con fessure erbose che portano ad un lungo tetto orizzontale. L’attacco si trova a sx dietro ad un pilastrino, chiodo e cordone marcio. 

  • Salire dritti fino ad uno spuntone piantato nell’erba alla base di uno strapiombetto/colatoio. Aggirarlo traversando a sx in placca (chiodo nascosto che si vede all’ultimo) per poi tornare a destra salendo fino alla rampa erbosa, sosta su friends;
  • La rampa erbosa si può fare tutta di conserva protetta. Arrivati alla fine della rampa c’è una serie di gradini più ripidi che sostengono un diedro fessurato. Risalire i gradini e aggirare il diedro a sx fino alla sosta;
  • Arrivati alla targa “lotta continua” prendere il camino di dx. Alla biforcazione si può sia andare a sx che a dx. Io sono andato a dx per rampa fino ad un chiodo. Da qui ho traversato a sx in placca posizionando un friend e rinviando due chiodi che si vedono all’ultimo per ritornare nel camino principale. NON farsi tirare da un chiodo una decina di metri più su sul pilastro;
  • Intorno a L11 è evidente dove uscire dal camino e traversare a dx (le relazione lo danno passo di A0 su 3 chiodi di cui uno rotto). Si traversa sia in A0 che scalando e si raggiunge il filo dello sperone verso destra percorrendo risalti detritici;
  • da qui con 2 tiri lunghi, e rimanendo sempre sul filo dello sperone, si raggiunge la base del diedro sopra alle cenge erbose. Il diedro è quello profondo e apparentemente erboso. Noi non abbiamo incrociato la scritta “poteri alle masse” ma è davvero evidente;
  • Il tiro del diedro è lungo, forse il più sostenuto ma molto ben proteggibile. Usciti dal diedro seguire la rampa erbosa a sx che porta a superare lo sperone, in direzione dei camini finali;
  • Arrivati in un catino che spezza il camino (due chiodi ad anello), NON farsi tirare ad andare a destra in direzione di una sosta a spit tagliati e dei cordoni molto in alto a destra, sul filo di spigolo! Dalla sosta con due chiodi ad anello tornare nel camino e sostare più in alto, sul fondo dello stesso, su 3 chiodi da collegare;
  • Percorso l’ultimo camino strapiombante (più impressionante che difficile) è comodo sostare a sinistra nella nicchia su due chiodi;
  • Andare a destra fino alla sella, rinviare la sosta a cordoni gialli e seguire il filo del pilastro fino ad un terrazzo con chiodi e vecchio spit;
  • Da qui traversando qualche metro a dx si segue il diedro e il pendio detritico fino in vetta.

DISCESA: seguire i bollini rossi (passi di disarrampicata esposti, II grado). Si incontra una scritta sbiadita su un sasso che indica un sentiero che riporta alla forcella Siggioli: NON andare in quella direzione, ma seguire il sentiero che porta in direzione delle cave e poi al rifugio. 1h20 circa. 

A noi la via non è piaciuta (Roberto ed io), ce ne sono di molto più belle in Dolomiti sullo stesso genere. Ma sono contento di aver percorso anche questo pezzo di storia e di aver esplorato la parete più grande delle Apuane. Come dicevo credo che sia utile percorrere queste vie al di là della loro bellezza, sono certamente didattiche e sono un tassello importante nella propria cultura alpinistica. 

Disclaimer

Tutto ciò che è riportato in questo sito, inclusi gli allegati è mirato alla divulgazione di informazioni utili e affidabili per affrontare salite, scalate, gite di sci alpinismo e fuoripista, cascate e tutto ciò che ci offre la montagna nella maggior sicurezza possibile, perché ogni alpinista e amante della montagna possa partire per un’avventura con una corretta preparazione preventiva. Noi rimaniamo sempre a vostra disposizione per ulteriori chiarimenti e consigli, ma non possiamo agire per voi e spesso non saremo presenti durante le vostre gite.

Pertanto, rimarrà vostro compito e responsabilità valutare le condizioni della montagna sul momento, che possono cambiare in modo repentino secondo gli agenti atmosferici.
Dovrete quindi saper valutare con la vostra esperienza e capacità il terreno che vi circonda, e prendere le decisioni necessarie per il corretto svolgimento della salita nel momento stesso in cui sarete in montagna.

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