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Pilier Gervasutti - Mont Blanc du Tacul - Enrico Bonino

Pilier Gervasutti – Mont Blanc du Tacul

12 September 2016

Quanti ricordi su questo pilastro. Avevo forse 18-19 anni quando lo salii per la prima volta. E che testa e determinazione avevo all’epoca. Ripensandoci ora ci son cose che ad oggi affronterei con molto più timore. Ma una cosa è certa: l’intraprendenza non mi è mai mancata… ma neanche la voglia di tornare a casa vivo la sera. Perciò eccomi qui, a distanza di 15 anni, ad accompagnare amici e clienti sugli stessi itinerari e talvolta, con dispiacere, a dover prendere la difficile decisione di tornare indietro sul più bello.

Con Manuele abbiamo fissato da tempo 3 giorni insieme per compiere la bellissima traversata Rochefort-Jorasses. Fa bello tutta l’estate, ma quando tocca a noi, la meteo comincia a farsi capricciosa e ad essere instabile. Nulla di tremendo, solo temporali, ma semplicemente imprevedibile. Abbiamo solo un giorno di buono. So che a Manuele la gamba non manca, io conosco benissimo l’itinerario, decidiamo quindi di traversare in giornata al Boccalatte. Ci corichiamo presto la sera in vista di una sveglia di buon ora. Non riesco a dormire, mi giro e rigiro nel letto, continuo a rimuginare perché c’è qualcosa che mi dà pensieri, ma non so cosa. Dopo qualche ora focalizzo e colgo il mio cruccio: la decisione presa in pieno entusiasmo era semplicemente sbagliata. La traversata Rochefort-Jorasses è una grande-course impegnativa, forse non tecnicamente, ma certamente per l’ingaggio. Le vie di fuga sono pochissime e laboriose, da non affrontare con maltempo o problemi. Io su quel terreno corro, Manuele mi seguirebbe probabilmente senza grossi problemi. Ma se capita un imprevisto? Se si incastra una doppia, se uno dei due non si sente bene, se il temporale anticipa, cosa facciamo? Saremmo in una trappola mica da riedere. In montagna, cazzate non ne ho mai fatte in vita mia e non intendo cominciare ora. Avrei probabilmente potuto fare il doppio delle salite se fossi stato un poco più sprezzante del pericolo. Ma ho sempre preferito aver margine e non spingere il limite troppo in la.

Oggi con Manuele abbiamo deciso di spostarci su una salita altrettanto impegnativa ma più corta, da poter terminare comodamente nell’arco del tempo bello previsto: il Pilier Gervasutti al Tacul. Alle 4 è tutto stellato: mangiamo, partiamo, attacchiamo, scaliamo. I primi tiri li facciamo al buio, poi il Sole comincia a scaldarci le ossa. La roccia è strepitosa, la via bellissima. La cordata procede più lenta del previsto, eppure Manu lo conosco, abbiamo fatto les Diables l’anno scorso, non è certo uno lento. Ma i giorni non son tutti uguali. Arriviamo in cima alla prima torre e ci spostiamo sul versante nord dove le terrazze sono ancora un pò innevate. La cordata rallenta ancora. Mi guardo indietro e dei nuvoloni minacciosi si avvicinano a noi. Sono solo le 11. Il telefono prende e guardo l’aggiornamento meteo: temporali pomeridiani. Ma cavolo ieri sera non li davano! Se la matematica non è un’opinione: cordata lenta + nuvoloni presto la mattina + meteo cambiato = si buttan le doppie! Non voglio trovarmi sotto al temporale nell’anfiteatro sommitale a far slalom tra i sassi che cadono.

Non sarà certo una discesa facile con una singola da 60m e un terreno laborioso. Manuele rimane calmo e mi aiuta preziosamente nelle manovre di corda. Conosco bene il posto, la via e il terreno, riesco quindi a districarmi agevolmente. Ma ahimè, l’unica doppia verticale lungo una placca compatta (o quasi…) si incastra. Fino lì avevamo fatto miracoli, ma Murphy è sempre in agguato il maledetto: passiamo in un attimo da 60 a 40m di corda. Per fortuna siamo quasi giù. Festeggiamo comunque la nostra bella giornata a base di culatello, formaggio di produzione propria e pangoccioli: il tutto ridendo e scherzando su una cengia alla base del pilastro. Non è sempre importante arrivare in cima, ma lo è lo spirito con cui si affrontano le salite: l’esser felici di essere lì, il piacere della condivisione di panorami, scalate, fatiche, sorrisi, e perché no anche del culatello schiacciato in fondo allo zaino. Con calma traversiamo nuovamente la terminale e rientriamo al Torino in tempo per cena. Finalmete si dorme, questa volta per davvero.

Grazie Manu per il bello spirito e la comprensione che hai avuto. Grazie a tutti coloro con cui ho condiviso delle bellissime salite quest’estate. Ci rivediamo tra un mesetto con le picozze e i ramponi. Ora è tempo di riposare.

Enrico

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